L'impero di Cindia

Eccovi l'inizio di un libro di Federico Rampini, giornalista e -
credo - anche economista, che si intitola "L'impero di Cindia". Il libro
è dedicato, come si capisce dal titolo, alla Cina e all'India, e alla
loro vertiginosa crescita economica.
Chi di voi fosse interessato a
leggerne qualche pagina in più (sempre sull'India), la può scaricare
qui:
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Le vacche di New Delhi





Sono sparite le vacche dalle strade di
New Delhi. Il tassista reagisce allo stupore dello straniero come se
fosse un'ovvietà («ma certo, il governo le ha fatte
allontanare da un pezzo»), quasi seccato che gli si ricordi un
passato sgradevole. Eppure le vacche c'erano ancora nel 2003,
placide, indisturbate si aggiravano tra le file dei taxi nella bolgia
dei viaggiatori in arrivo all'aeroporto. Ne ritrovavi altre
accovacciate sulla corsia di sorpasso della superstrada verso la
capitale, costringevano le auto a gimcane paurose. Per l'occidentale
era quello il primo spaesamento, l'impatto caotico e intenso con un
paese diverso da tutti gli altri. Perciò la loro assenza non è
un dettaglio folcloristico. Come le lucciole di cui Pasolini
lamentava la scomparsa nell'Italia degli anni Settanta, le mucche di
New Delhi sono svanite di colpo mentre incalzava il progresso.
Quel
che non sa dirmi neppure il tassista, e che scopro solo più
tardi saziando finalmente la mia curiosità, è «come»
esattamente sono state allontanate le vacche. La soluzione di questo
piccolo mistero ha il potere di distruggere all'istante ogni
stereotipo occidentale sulla vecchia India. La sorte delle vacche,
infatti, è un riassunto di ciò che sta accadendo di
stupefacente in questo paese. Tutti sanno che le mucche sono sacre
per gli indù. Però non è una buona ragione
perché siano anche invadenti. Se per decenni hanno intralciato
il traffico, intasato i tombini di escrementi, seminato malattie
mangiando nei depositi d'immondizia, la causa non era affatto
religiosa bensì economica. Quelle che vedevamo a zonzo fin
sulle autostrade erano vacche «randagie», che i
proprietari non accudivano, perché avevano smesso di produrre
latte o ne producevano troppo poco. Data la scarsità di terre
da pascolo e di erba, a queste vacche non venivano riservate le
attenzioni e i prati destinati alle mucche più produttive. Il
governo centrale e la municipalità di New Delhi avevano
tentato invano per anni di ripulire le strade e migliorare la
viabilità. Nel 2004 ci avevano provato introducendo «la
taglia sulla vacca». Un fiasco. I proprietari facevano i furbi:
mandavano dei ragazzini a consegnare le randagie per incassare la
ricompensa. Poi si facevano restituire gratis il bovino sporgendo
denuncia per furto, e il gioco poteva ricominciare all'infinito. In
altri casi era accaduto che i «cacciatori di taglie»
venissero aggrediti per la strada da fanatici indù che li
accusavano di maltrattare gli animali.
La soluzione finale l'ha
inventata un genio informatico di 35 anni, Ahish Anand. Ha brevettato
un microchip (semiconduttore a memoria elettronica) da fare
inghiottire alle mucche. Il minuscolo sensore ha una forma tale che
si fissa nel secondo stomaco del ruminante e di lì non si
sposta più. Consente di attribuire a ogni mucca di New Delhi
un codice d'identità, di registrare la razza e il
proprietario. L'informazione finisce in una banca dati con cui le
autorità comunali possono risalire al padrone e multarlo se la
vacca si sdraia davanti a un semaforo o al posteggio dei taxi
dell'aeroporto. L'invenzione di Ahish Anand, per il modico prezzo di
dieci dollari a microchip, è un successo mondiale: negli Stati
Uniti, in Argentina e in Europa quel sensore made in India viene
usato per monitorare eventuali ritorni del morbo della mucca pazza. A
New Delhi si accontentano di molto meno. Da quando le microspie sono
finite negli stomaci dei bovini, i proprietari hanno capito
l'antifona. Non c'è più un paio di coma che si faccia
beccare al posto sbagliato. Benvenuti nella New India.